Di Al.Tallarita

Sustainability of some concepts, implies a rigorous work on the strengthening of credibility. Even if the information is little connection remains, provoking ideas that motivate new shares. and documenting the creation of new thesis. The philosophy in this thing does? It destroys the forms of authority and oppression that contribute to depress the material conditions.

La sostenibilità di alcuni concetti, implica un rigoroso lavoro per il rafforzamento della credibilità. Un collegamento che esiste nonostante ogni informazione rimanga circoscritta, suscitando idee che possono informare speranze, desideri, fino a dare la possibilità di motivare le azioni. Attraverso la creazione di una ampia documentazione a conferma delle proprie tesi. Entro tutto questo la filosofia rientra in un’azione di smantellamento di quelle forme di autorità ed oppressione che contribuiscono a deprimere le condizioni materiali e spirituali della vita.

1. LA LIBERTÀ COME  CONCETTO

Il collegamento fra linguistica e politica si rivela nella forma in cui viene ad essere utilizzato il linguaggio creativo come fulcro della libertà umana, alla luce della tensione verso la libertà che sta alla base della natura umana. Se pure non lontani dal distinguere la vera comprensione da quella che è solo speculazione. La libertà per Chomsky (2002) è lo sviluppo delle potenze materiali che ha le restrizioni proprie della nostra stessa natura è il mezzo in seno al quale possono svilupparsi l’intelligenza, la dignità e la felicità degli uomini. L’idea di libertà kantiana come condizione per raggiungere la maturità che permette il suo stesso impiego, è stata inglobata dal socialismo libertario all’indomani della venuta del capitalismo industriale, dove gli ideali liberali sono stati inglobati in un’ideologia al servizio dell’ordine sociale (Chomsky, 1977). Il potere sta nella capacità di una cerchia ristretta di persone a concentrare nelle proprie mani un’elevata quantità di risorse e ad imporsi sulla quasi totalità delle persone che ne è priva. L’ineguale distribuzione del possesso o del controllo di queste risorse come la ricchezza, l’uso della forza, il sapere, il prestigio, passano attraverso la mediazione delle qualità personali e facilitano una diseguale distribuzione delle varie forme di potere.  Il potere politico, cioè il potere di prendere e d’imporre, decisioni valevoli per tutti i membri della collettività, anche ricorrendo alla forza, appartiene sempre e comunque ad una ristretta cerchia di persone che sono le élites (Sola, 2000). Questa classe elitaria controlla l’opinione pubblica per mezzo del modello della propaganda, metodo attraverso il quale coloro che detengono il potere dirigono e regolano il flusso delle informazioni e la esclude dall’esercizio comune del potere caratteristico di ogni democrazia (Chomsky, 1988). Egli ritiene che uno degli obiettivi fondamentali del potere sia quello di controllare il pensiero della popolazione per mantenere l’autorità su di essa. 

2. LA COMPRENSIONE DEL POTERE E DEI SUOI STRUMENTI

Quotidianamente si concepisce la possibilità di perfezionare le proprie opinioni migliorando i processi di comprensione. Chi non può sapere deve credere e l’autorità costituisce la fonte principale su cui si basa la credenza della popolazione mezzi di comunicazione sono gli strumenti attraverso i quali il potere sviluppa negli individui le credenze su cui essi fondano la loro esistenza. Il potere così per Chomsky (1988) si sviluppa a livello della comunicazione linguistica, attraverso i mezzi di comunicazione di massa con forme subdole che favoriscono il mantenimento degli individui lontani da un’analisi critica del reale. Gli spunti per un’analisi epistemologica di questi strumenti si trovano nei saggi del sociologo Neil Postman (1984) che ha dedicato la sua carriera accademica a studiare come i mass media influiscano sulle nostre forme d’organizzazione sociale, sui nostri abiti mentali e sulle nostre concezioni politiche. Nei suoi scritti si analizza come la filosofia dell’intrattenimento, caratteristica dei media e il bombardamento informativo, proibisca l’applicazione dello spirito critico. Dal suo maestro Herbert McLuhan, il quale compie una interpretazione innovativa degli effetti prodotti dalla comunicazione sia sulla società nel suo complesso sia sui comportamenti dei singoli, eredita quel richiamo dell’ecologia dei media; che si intravede nella domanda sulle conseguenze sociali, culturali e politiche portate dall’introduzione di una nuova tecnologia della comunicazione. McLuhan sostiene inoltre che il mezzo tecnologico determini i caratteri strutturali della comunicazione, producendo effetti pervasivi sull’immaginario collettivo. Ogni medium che per il sociologo canadese è il messaggio, crea un ambiente modificando il modo di pensare e di vivere delle persone che a quell’ambiente appartengono. Si instaura un meccanismo per il quale le menti vengono assopite e ridotte a strumenti passivi, così che i comunicati e le notizie appaiano decontestualizzate ed insignificanti. Nell’ottica del potere i media divengono strumenti capaci di creare una loro epistemologia attraverso la quale gli individui interpretano e conoscono la realtà. Un mero preconcetto di una base culturale sostituisce la verità, con un procedimento di mutazione che segue quella dei mezzi di comunicazione. Trasmettitori dei messaggi del potere e delle sue manifestazioni per Chomsky saranno anche lo stesso sistema educativo, che collabora alla nascita di una tipo di cultura allineato a un modello precostituito e gli intellettuali. Inclini esiguamente allo sviluppo di una cultura e di un pensiero indipendenti, come pure ad uno spirito critico autonomo e creativo. Creatori invece di un sistema formato su uno sterile e passivo accumulo di informazioni. 

3. SUL POTERE TRASMESSO, TESTI E FILMOGRAFIA 

Sui mezzi di trasmissione del potere, scrive Aldous Huxley, nel romanzo Mondo Nuovo, un mondo in cui i libri, la struttura e l’informazione non sono né vietati né censurati, ma dove più subdolamente, nessuno prova più interesse nei loro confronti in quanto la gente sarà felice di essere oppressa e adorerà la tecnologia che libera dalla fatica di pensare, imposte dal potere (Huxley, 1991). Questo ricorda l’opera e la visione profetica di un altro importante autore Ray Bradbury, con Fahrenheit 451 testo in cui ha immaginato un futuro senza libri e dominato dalla televisione, affacciandosi così su un baratro in cui il sapere è gestito dal potere, con una veggenza su quelle che sarebbero state le evoluzione nel tempo contemporaneo. Il testo del 1953 era estensione di un racconto breve The Fireman. Nonostante il tempo trascorso la scelta del numero 451 è merito di discussioni per la sua interpretazione. Per alcuni trattasi semplicemente del numero sull’elmetto del pompiere che è l’individuo protagonista della storia, Montag. Per altri un riferimento alla temperatura di autocombustione della carta in gradi Fahrenheit. Bradbury ha visto lontano, anticipando di molto alcuni dibattiti odierni sullo strapotere dei mass media. Impressioni destate dal rogo dei libri, la televisione che indottrina, le immagini che ipnotizzano e inebetiscono atte alla dimostrazione di come di giunga a uccidere la libertà. Il potere che si manifesta senza la necessità di despoti, né particolari leggi. Il potere che si trasmette grazie a una scatola con il tubo catodico. Pur se nella forma ancora continui il dibattito democratico, in vero la cultura, strumento di potere di Stato, imposta subdolamente attraverso la televisione la propria tirannia. Questo straordinario testo diventa un film. Il regista François Truffaut fu uno dei primi a cogliere la forte pregnanza e il potere profetizzante di questo importante romanzo del romanzo. Così tanto da realizzare un film nel 1966. La scena cult cinematografica del rogo dei libri, più volte ripresa successivamente nel cinema, risulta al contempo profetica e terribile per gli esiti in essa anticipati. Su come nel mondo contemporaneo si sarebbero palesate le conseguenze di un controllo del sapere da parte del potere.  Un libro profetico, quello di Bradbury, in grado di prevedere le conseguenze della televisione spazzatura quando ancora il Grande Fratello era solo una creatura di George Orwell. Della strategia di manipolazione dei media Chomsky presenta uno scenario lucido e preciso stilando una sorta di decalogo, in cui svela leggi e meccanismi, con cui il potere manifesta la sua forza di controllo sulla gente. I meccanismi utilizzati vanno dalla distrazione, alla falsa creazione di un problema, alla gradualità con cui alcune cose sono proposte e poi fatte accettare. L’uso come mezzo della differenziazione per far scaturire paragoni, lo sfruttamento del lato emozionale al posto di quello riflessivo o la volontà di mantenimento del pubblico nell’ignoranza. 

4. AZIONE DI POTERE DISTRAZIONE E CONTROLLO

La strategia della distrazione è l’elemento primario del controllo sociale che permette di spostare l’opinione pubblica da reali problemi sociali a fatti di cronaca irrilevanti per il bene pubblico. Questo avviene reiterando comunicati di fatti di poca rilevanza, per darne una conoscibilità generale e continua. Entro il modulo di applicazione di una strategia della distrazione. Mantenendo la maggioranza delle persone occupata in cose di poca importanza, si evita che ci si prenda carico delle cose più rilevanti. Alla creazione di un problema, anche banale o falso, viene in risposta e una subitanea soluzione, nello schema di problema-reazione-soluzione. Ad esempio per Chomsky (2002), si potrebbe arrivare a sottolineare la violenza urbana, mostrando fatti a questo inerenti, in modo che il pubblico sia bendisposto nei confronti di una legge che aumenti la sicurezza a scapito della libertà. Tutto questo avviene in modo graduale ma costante negli anni fino a modificare radicalmente il pensiero ai fini del potere. Far accettare una decisione presentata come dolorosa e necessaria nell’accezione di un sacrificio futuro, è più semplice. Perché concede la speranza che le cose intanto mutino, nonché accorda il tempo per abituarsi all’idea del cambiamento e ad accettarlo con rassegnazione nel momento in cui arriva (Chomsky, 2002). Il senso critico viene annientato nel momento in cui il registro emozionale viene ad essere sollecitato nel meccanismo dell’innesco dei desideri, delle paure e delle ansietà, che inducono a determinati comportamenti. 

4.IL CONTROLLO DELLE MENTI 

Il mantenimento del potere si effettua con il controllo, che a sua volta si compie mantenendo il pubblico incapace di capire le tecnologie e i metodi che vengono usati. Questo si ottiene aumentando il gap tra classi e mantenendo un basso livello della qualità dell’educazione alle classi più basse. Tale basso livello è accompagnato dalle inutili informazioni parziali in circolazione che annebbiano la conoscenza. Si assiste all’incoraggiamento della mediocrità, grazie alla promozione tra il pubblico dell’idea che sia di moda la volgarità, la pochezza umana e la stupidità. Entro un rinnovato rafforzamento del senso di colpa, attuato aumentando il biasimo per l’individuo della propria sfortuna; a cui sia naturale attribuire il fallimento della propria intelligenza o dei propri sforzi. La colpevolizzazione indotta allontana la paura di una ribellione al sistema economico. Favorita da una reazione di depressione che inibisce la possibilità di un’azione reattiva, che impedisce il cambiamento, tale da rivoluzionare la situazione vissuta. Il potere, e il suo occhio, dovrà così conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi non si conoscano. Il sistema infatti, possiede una conoscenza particolare della natura umana, fisica e psicologica, attraverso gli studi avanzati della biologia, della neurobiologia e della psicologia applicata (Chomsky, 2002). Il potere può essere maggiormente esercitato grazie al controllo sugli individui. Facebook, ad esempio, fenomeno di agorà virtuale in rete, sviluppatosi fortemente nella prima decade del Ventunesimo secolo, è un esempio di strumento per il controllo di massa. Il cui fine ultimo è la canalizzazione particolareggiata della pubblicità su ogni singolo individuo, attraverso il controllo delle abitudini e delle caratteristiche individuali, per la creazione di statistiche, atte far divenire la persona un numero che possa spendere per arricchire il sistema A tal fine il social, come altri social esistenti veicolano le informazioni raccolte verso altri canali pubblicitari. Aumentando il senso di frustrazione, che recenti indagini su campione sottoposto a domande tra adolescenti collegati al social dimostrano ampiamente, è facilitato il secondo fine che è quello di cercare di colmare la frustrazione derivata ed il conseguente senso di insoddisfazione. Attraverso la proposta del riempimento di questo senso di privazione, di vuoto o di mancanza, con messaggi pubblicitari direttamente nella casella di posta o come post laterali al blog nel sito, nel tentativo di colmare questo vuoto esistenziale, apparentemente ma con un fine invece fortemente strumentalizzato, ai fini del potere del sistema che vuole vendere e si crea un collettore di presunti prossimi acquirenti ad oc.  

5. STRATEGIE DI MANIPOLAZIONE DI MASSA

Si pensi che ogni ricerca fatta sul web attraverso uso di motori di ricerca, viene memorizzata e finalizzata alla creazione di un profilo specifico dell’utente, che poi sarà oggetto di pubblicità mirata, a seguito della vendita dei dati accumulati sulla personalità dell’utente ad apposite agenzie di pubblicità. Facebook, è in grado di misurare e monitorare gli stati emotivi ed attraverso questi di compiere analisi di mercato atte a stabilire le caratteristiche e i bisogni fisiologici dell’individuo. La capacità decisionale, lo stato di malattia e addirittura prevedere il momento in cui avverrà la sua morte. Tutto questo basato sulle foto ed i messaggi inviati ai propri conoscenti. Conoscere gli individui meglio di quanto si conoscano loro stessi, è un formidabile mezzo di controllo (Chomsky, 2002). Un’ analisi dei processi e delle strategie di manipolazione di massa, palesa l’esistenza di un numero di mezzi di informazione che determinano una struttura prioritaria delle notizie, alla quale i media minori devono più o meno adattarsi a causa della scarsità delle risorse a disposizione. Le fonti primarie che fissano le priorità sono grandi società commerciali ad alto reddito collegate a forti gruppi economici. Il fine è la creazione delle fabbrica del consenso (Chomsky, 1988), come sistema di propaganda efficace per il controllo e la manipolazione dell’opinione pubblica. Nel testo Manufacturing consent: the political economy of the mass media, appunto la fabbrica del consenso(1998), si presenta questa sorta di macchina da indottrinamento che assopisce le coscienze impedendo una reale partecipazione. Il potere partendo dall’uso strumentale del linguaggio, della parola e del sapere, del suo controllo e della sua elargizione graduale o attraverso la negazione stessa di un vero sapere condiviso e non imposto per indottrinamento, nega l’autonoma azione dell’individuo. Il concetto di azione, lì dove il potere necessita di agire e essere agito per rendersi manifesto, è un pensiero sul quale la sociologia si è interrogata già a partire dagli anni settanta. Legato al concetto di agentività, diffusosi al fine di valutare le azioni degli individui. Si sviluppa dalla messa in discussione delle strutture di potere allora esistenti e finalizzate alla conquista di un’eguaglianza di razza e di genere. 

6. AZIONE CONTROLLATA

L’idea motore è quella di formulare nuove teorie, in grado di assegnare il giusto ruolo agli effetti potenziali dell’azione umana. Le azioni umane sono dialetticamente connesse alla struttura sociale in forma tale da rendere le due dimensioni reciprocamente costitutive. Gli studi derivati posero in evidenza come gli esseri umani formano la società nel modo stesso in cui la società formi loro. L’azione inquadrata in tale prospettiva, si mostra come una dimensione presente nelle pratiche socioculturali e linguistiche (Giddens, 1980). Dove dietro ogni azione vive una volontà di potere finalizzata all’azione stessa del fare. Il concetto di agentività è in grado di spiegare il passaggio del modo in cui la riproduzione sociale diviene trasformazione sociale. Per comprendere quale sia la credenza popolare, attorno a chi eserciti l’agentività, può rivelarsi utile porre a confronto varie società con metodo comparativo. E farlo sulle modalità in cui la gente interpreta le situazioni vissute e ne attribuisce le responsabilità. Inserito nel contesto dei campi del linguaggio come strumenti del potere. Alcuni interessanti studi contemporanei come quelli dell’antropologo Dennis Tedlock rivelano come le formazioni socioculturali possano dare forma a degli scambi linguistici cotali sì che la cultura si sviluppi in ogni sua forma quotidianamente. Sostiene Alessandro Duranti (1991), antropologo, che concedendo un attento interesse nei confronti del mondo linguistico in se, si può rendere maggiore chiarezza sulla capacità di azione umana. Concretizza tale presupposto a seguito di alcune sue ricerche effettuate sul campo a Samoa, attraverso cui si può vedere come l’uso delle marche ergative da parte dei samoani, possa rivelare il modo in cui essi attribuiscono la responsabilità di un’azione a qualcuno piuttosto che un altro, in particolare nei casi di approvazione o critica. Ne deriva un punto di vista in base a cui gli individui più potenti, per differenziazione di status, abbiano maggiori probabilità di far uso della marca ergativa ogniqualvolta desiderino accusare qualcuno di un atto malevolo intenzionalmente compiuto (Duranti, 1991). Al contrario i più deboli, cercheranno di reagire alle accuse rivolte loro proponendo definizioni linguistiche alternative degli eventi accaduti.  Si crea una sorta di grammatica della lode e del biasimo, che Duranti individua e ne mostra l’azione come parte integrante delle forme linguistiche, di cui un parlante fa uso. Azione modellata dalle stesse strutture linguistiche. Per scoprire in che modo l’agentività, come capacità di azione, si manifesti attraverso la lingua, i ricercatori possono analizzare le marche ergative e le forme verbali ma anche i tratti linguistici quali l’uso dei pronomi, l’organizzazione in turni di parola, le sovrapposizioni, la struttura narrativa delle storie (Durati, 1991). 

7. LINGUAGGI DI GENERE

Gli antropologi del linguaggio che conducono ricerche nell’ambito dei rapporti fra linguaggio e genere hanno dato notevoli contributi allo studio dell’azione umana, indagando il carattere multifunzionale di specifici tratti linguistici e dimostrando in che modo le azioni e le parole danno forma alle strutture sociali fondate sul genere e ne subiscono l’influsso. Proprio l’antropologia del linguaggio in virtù del suo particolare interesse per l’analisi delle interazioni, agevola la comprensione dei micro e macro processi della vita sociale. Il linguaggio può esser pensato in un modo diverso e complementare, in base a quello che può fare sia per gli individui sia per la società con le sue intenzioni e principi nell’interazione quotidiana il linguaggio svolge un ruolo di importante mediazione. Tutte le attività umane presuppongono l’uso della parola (Duranti, 2003). Il potere, che detiene il linguaggio è innegabile, e per diverse ragioni. Entro un quadro antropologico della questione, risulta fondamentale la potenzialità del linguaggio di unire il passato con il futuro, questo gli rende un potere assoluto a partire dall’homo sapiens. La narratività facilita questo processo, permettendo la pianificazione dell’immaginazione sino all’invenzione. Comportamenti, credenze, valori mutano ma la coerenza viene mantenuta proprio grazie all’azione compiuta del linguaggio. Inoltre tali connessioni permettono la vita sociale e tra individui diversi. Il linguaggio facilita la connessione tra diverse realtà. Questa presa di coscienza, fornisce una base metodologica ad un approccio di questo tipo al potere che viene riconosciuto al linguaggio.  Il potere della parola è parte integrante della costituzione della realtà ed è un’attività che ha conseguenze per chi vi partecipa. Un esempio di pratica sociale sono i saluti. Gli aspetti performativi del linguaggio implicano che il linguaggio sir realizzi in concreti atti con l’uso della parola, concetto che critica quanto sostenuto da Chomsky, in quanto la sistematicità degli atti di parola consente che questi siano fatti oggetti di studio, come dimostrato nel 1977 dalle teorie sul potere della conversazione di Labov (Schegloff, 1974; Orletti, 1994; Fasulo Pontecorvo, 1999). Metodologicamente questo sottolinea come sia possibile avere una scienza del linguaggio partendo dagli atti linguistici. Si riconosce la logica del parlato ad uso quotidiano e sociale. I saluti sono un esempio d’uso del linguaggio e palesano il bisogno dell’uso coadiuvante del corpo. Il parlare inoltre agisce non si limitandosi ad informare (Wittegenstein, 1953; Austin, 1962; Searle, 1976; Sbisà, 1989). 

8.  POTERE AL CORPO 

Come le azioni di ordinare e proibire, i saluti dimostrano tale funzione pragmatica, in quanto costruiscono contesti interazionali, si assegnano colpe e meriti con l’uso della parola come azione sociale, che costruisce una realtà. Questo è il concetto di performance come potere delle parole di fare. Il linguaggio è in grado di stabilire identità etniche e di genere. Oltre al contenuto, l’uso stesso della parole, all’interno del linguaggio, è in grado di suscitare ammirazione o disapprovazione. L’autorità, il potere, di chi parla, è determinato dell’abilità del saper parlare, e raccontare. Un’esibizione di abilità narrative e argomentative che suscitano giudizi di valore (Duranti, 2003). Comunque la performance implica il rischio dell’altrui giudizio e della responsabilità di ciò che si dice. Nel parlare ci si espone all’altrui giudizio, che è elemento di rischio, nonché la responsabilità morale di quel che viene detto. L’autocoscienza umana è caratterizzata dalla necessità di valutare motivazioni e risultati del nostro agire che giustificano azioni e parole (Durati, 2003). L’uso del linguaggio attiene ai fatti sociali e collettivi, non si può prescindere dal concetto di partecipazione. Il parlare come atto interattivo e culturale. Il potere per definizione si noti è un’azione che avviene tra due o più soggetti in cui uno impone l’azione e l’altro a subisce o l’accetta consentendo ad essa. Questa dialogicità rende possibile che l’azione di parlare abbia le stesse caratteristiche del potere.  Medesime possibilità dell’agire. La ricerca si sviluppa sulle modalità in cui un parlante abbia facoltà di cambiare contenuto in base al contesto (Goodwin 1979; 1981). Colui che parla non è con necessità l’autore delle parole che usa, non si esclude che si limiti a riportarle. Esistono diversi ruoli per colui che ascolta e colui che parla (Goffman, 1981). L’uso della parola implica un agire, che ha delle determinate conseguenze psicologiche e sociali. La comunicazione tramite il parlare è un tipo di attività sociale condivisa che definisce relazioni sociali, capace di creare ruoli determinati e relazioni di potere. 

Fig.3 Realtà altre. Altallarita PHDesign

9. LA REALTÀ COME FORMA DI POTEREj

La sociologa Susan Philips in un articolo dal titolo Power, afferma che costituzione della realtà sociale è una forma di potere, dove il potere del linguaggio si palesa come creatore della realtà. Gli studi antropologici del linguaggio, hanno fatto emergere alcune teorie su come avvenga tale processo di creazione del reale. Il potere che ha il linguaggio di costituire il reale vive nelle strutture lessicale, morfologica e semantica della lingua, secondo l’idea che la lingua parlata da un gruppo sociale porti ad una determinata visione del mondo. A partire dagli anni sessanta, questa visione colloca la creazione della lingua direttamente nel processo del discorso parlato per mezzo degli attori sociali. Tesi sviluppata e sostenuta dagli studi sul rapporto fra linguaggio e conoscenza. Il discorso detiene il potere di costruzione del reale, in teoria una dimensione che dia modo di svilupparsi ari rapporti di dominio. Il linguaggio così è visto come strumento di creazione delle realtà sociali. Ovviamente il potere non è detenuto in modo equilibrato, la costruzione dei significati nello specifico contesto a cui si fa riferimento, è ad appannaggio di chi possiede la facoltà dell’utilizzo della parola. Il potere esercita controllo attraverso la produzione del discorso. La definizione del reale viene gestita da individui il cui status è socialmente riconosciuto con un potere superiore agli altri, grazie alla possibilità di controllare l’assegnazione dei turni di parola. Nella teoria antropologica circa il rapporto fra lingua e potere la creazione di realtà sociali ottenuta manifestando le strutture linguistiche nel discorso, costituisce il processo che mantiene in vita e trasforma nel tempo rapporti di potere più vasti, di natura socio-storica.
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