penshare.it M.A.Foti

La Corea del Nord è forse il luogo più isolato del pianeta. Tanto che per uscirne, i cittadini devono chiedere un permesso al governo. In questo clima di estrema chiusura, dagli anni ’90 migliaia di nordcoreani tentano la fuga. Nonostante non si tratti di un numero così grande, scappare dalla Corea del Nord è pericoloso, passibile di condanna a morte e come vedremo più avanti, la vita dopo non è così semplice. Anche per questi motivi, i fuggitivi sono stati spesso descritti dalla stampa con epici racconti e identificati con il nome di defectors, letteralmente, disertori. Ad oggi, in Corea del Sud ci sono 33.752 defectors ed è anche grazie alle loro testimonianze che siamo riusciti a penetrare le mura del Nord, scoprendo qualcosa in più “dell’altra Corea”. Ma perché fuggire da Pyongyang è così difficile?

Perché è difficile scappare dalla Corea del Nord?

Varcare i confini del Nord non è complesso solo per un motivo “fisico”, di cui poi parleremo, ma anche per motivazioni psicologiche e culturali meno conosciute.

Stefano Beccani, in “La Corea di Kim“, ha raccontato tutta la complessità nascosta nell’idea di fuga. I nordcoreani vivono immersi in una propaganda che risalta di continuo la bellezza del paese. Per loro, oltre Pyongyang ci sono solo odio e desolazione. I cittadini sono abituati fin da piccoli a un senso di lealtà e apparenza ed è complesso immaginarsi una realtà diversa, soprattutto, se uno degli insegnamenti della Corea del Nord è “diffida dagli stranieri”. Un preconcetto difficile da sradicare se hai a disposizione solo media strettamente controllati e viaggi all’estero limitati. Infine, per un cittadino nordcoreano “standard”, l’idea di scappare dal proprio paese risulta deplorevole, inaccettabile. Questo concetto è intuibile dallo stesso appellativo “disertore”, che è colmo di accezioni negative. I disertori sono coloro che rinnegano gli ideali nordcoreani, anche se in realtà, la maggior parte di loro scappa per motivi più materiali: cibo, soldi o libertà.

Immaginiamo di riuscire ad abbattere le barriere psicologiche e culturali, come superare quelle fisiche? E prima di tutto: come raggiungere il confine? In Corea del Nord i mezzi di trasporto scarseggiano e per lasciare la propria residenza bisogna possedere un passaporto interno. Inoltre, tutti gli spostamenti nel paese sono rigidamente controllati. Alcuni hanno risolto questi problemi a bordo di un elicottero, ma non tutti possono permettersi un lusso simile.

La fuga in Cina

L’unico aspetto “semplice” di questa fuga è la destinazione. La Corea del Nord confina con la Russia, ma questa strada, isolata per kilometri, non la sceglie nessuno. Dall’altra parte, troviamo la zona demilitarizzata, che fa da cuscinetto tra le due Coree e che di demilitarizzato ha solo il nome, anche se, negli ultimi anni qualcuno fugge anche da lì. Per questi motivi, la maggior parte dei defectors sceglie di seguire le merci di contrabbando e di scappare dalla Cina. Nonostante questo confine sia circondato da guardie nordcoreane, torrette di sorveglianza e fili spinati, le due nazioni si incontrano per 1200 km: un’area troppo vasta per essere controllata scrupolosamente.

Il confine tra Cina e Corea del Nord

I due paesi sono divisi dai fiumi Yaw e Tumen. Quindi, il passo decisivo fuori dalla Corea del Nord deve essere fatto a nuoto. E’ necessario capire dove l’acqua è più bassa e la corrente meno forte, ma soprattutto, bisogna nascondersi dalle guardie. Le traversate si consumano la notte, con il rischio del freddo e delle correnti. Inutile dire che spesso, diventano tragedie.

Per la pericolosità di questo itinerario, si è creato un vero e proprio business. I defectors più ricchi possono pagare trafficanti e contrabbandieri, che dopo un salato compenso, li faranno arrivare in Cina. Coloro che invece riescono a mettersi in contatto con l’esterno, vengono spesso aiutati delle associazioni umanitarie.

Scappare dalla Corea del Nord e vivere in Cina

Una volta calpestato il territorio cinese, si aprono molti altri interrogativi: dove vivere? Come sopravvivere economicamente? Le sistemazioni costano parecchio e i defectors devono soppesare ogni loro passo. Per la Cina, i fuggitivi nordcoreani non sono altro che migranti economici e se scovati vengono rispediti indietro.

Data l’impossibilità di essere riconosciuti da Pechino, i defectors diventano dei veri e propri fantasmi. La loro vita clandestina in Cina non offre molte possibilità: trovare un lavoro in nero, oppure, diventare a propria volta un passeaur e “aiutare” altri defectors nella fuga. Purtroppo, per le donne si apre un altro triste spiraglio. Queste vengono vendute in matrimoni combinati con uomini cinesi, spesso molto più anziani di loro e non è raro che le giovani nordcoreane siano costrette ad aborti forzati e violenze domestiche. Questa triste eventualità è più frequente di quello che si pensa, dato che la maggior parte dei defectors sono proprio donne. L’80% dei migranti nordcoreani che arrivano i Corea del Sud è di sesso femminile e la motivazione risiede nella possibilità di fuga. Le donne lavorano spesso in casa, un luogo dove difficilmente qualcuno controlla la tua presenza o la tua assenza. Tra l’altro, la quasi totalità di queste ingiustizie non vengono denunciate al governo cinese, per paura che Pechino le rispedisca in Corea del Nord.

Concludendo, la comunità dei nordcoreani in Cina è così vasta, che le hanno attribuito il titolo di “terza Corea”. Ma Pechino non è l’unica meta possibile, resta pur sempre l’altra Corea, quella del Sud.

L’alternativa dell’altra Corea

Per tutti gli anni della Guerra Fredda, la Corea del Sud ha innalzato i defectors a “eroi della libertà”. Il denaro e la visibilità che il governo di Seul gli forniva erano parte integrante della propria propaganda. Ma con il tempo, le cose sono cambiate, i soldi sono diminuiti e oggi, i sudcoreani accolgono i fuggitivi del nord con meno entusiasmo.

Con il tempo, i nordcoreani passati per un paese terzo e approdati a Seul sono diventati più di 33.000.

Istruzione e inserimento

Il governo sudcoreano ha dovuto affinare il suo sistema di collocamento e integrazione, per permettere ai fuggitivi di orientarsi nella democratica e capitalista Corea del Sud. Prima di tutto, i servizi di intelligence del paese fanno delle indagini su ogni defector, per verificarne identità e intenzioni. Concluse le ricerche, i nordcoreani devono imparare a vivere in Corea del Sud e lo fanno grazie all’Hanawon. La struttura è una vera e propria scuola dalla durata di 3 mesi. Durante questo periodo, ai fuggitivi viene insegnato l’essenziale: come usare il bancomat, come si gestiscono i vicini, come funzionano i mezzi di trasporto e soprattuto, come si vive in un paese democratico.

Solo allora il governo affida ai defectors un sostegno economico di circa 7000 dollari, una cittadinanza e un aiuto per trovare casa. Ma di certo, non bastano tre mesi per imparare a muoversi in una realtà così diversa da quella del Nord.

La carriera e la rappresentanza politica

L’integrazione in un paese straniero ha bisogno di due spinte fondamentali: un lavoro e la rappresentanza politica. in entrambi i casi, la Corea del Sud potrebbe migliorarsi ancora.

Le due coree hanno un’istruzione completamente diversa e ci sono pochi lavori che i nordcoreani possono svolgere al Sud. Questo non significa che il governo sudcoreano non ci stia provando. Ai defectors vengono dati incentivi per trovare un lavoro e ampliare le proprie competenze, mentre alle aziende sudcoreane, vengono dati incentivi per assumere defectors, ma meno della metà degli imprenditori li assume davvero. Ed è così che, nonostante le spinte del governo, il tasso di disoccupazione dei nordcoreani supera del 7% la media nazionale. Le autorità di Seul hanno allora provato ad abbattere la differenza di istruzione tra sudcoreani e nordcoreani. I secondi hanno diversi incentivi per ampliare le proprie competenze. Ad esempio, i defectors non devono pagare per ricevere i diplomi universitari e gli under 35 possono frequentare delle scuole di specializzazione, anche in questo caso, gratuite.

Il passaggio alla democrazia

Nel 2019 in Corea del Sud c’erano 33.000 nordcoreani. Un numero troppo ampio per poter rimanere solo “ospiti” dell’altra Corea. Alcuni di loro volevano di più, volevano sentirsi dei veri e propri cittadini. Ed è così che il passaggio dalla dittatura alla democrazia si è completato, con la nascita del “Partito dell’Unificazione Sud-Nord“. Forse grazie all’efficace integrazione del governo, o forse spinti dalla consapevolezza che si potesse fare, i nordcoreani in politica sono aumentati. Due ex disertorti, Ji Seong-ho e Thae Yong-ho, hanno deciso di correre per un seggo all’Assemblea nazionale con il partito “United Future Party“. I due, spesso criticati per le loro idee controverse, hanno voluto mandare un messaggio a tutti i nordcoreani del Sud: questa è la democrazia e noi dobbiamo farne parte.

Scappare dalla Corea del Nord è un trauma

Lavoro, istruzione e politica, sono elementi fondamentali nella vita di ogni cittadino, ma c’è un altro fattore che rivela l’efficacia o meno dell’integrazione di un paese. Ma ce ne è un altro, sicuramente altrettanto importante, che viene spesso trascurato: la salute mentale. Lo shock provato dai nordcoreani fuggiti al Sud è stato a lungo ignorato. Fino al 2019, l’anno in cui una disertrice e suo figlio sono stati trovati morti nel loro appartamento di Seul. Si pensa siano morti di fame. 

Il Sud è competitivo, rapido, complesso è soprattuto, diverso dal Nord. Nel tempo la lingua delle due Coree e cambiata e perfino il loro aspetto fisico è mutato. I giovani nordcoreani sono solitamente più bassi e meno robusti, a causa della malnutrizione. Tutto questo causa emarginazione. Una situazione di solitudine in cui raramente i nordcoreani chiedono aiuto, sempre che sappiano a chi chiedere aiuto. Secondo un sondaggio riportato dalla BBC, il 15% dei defectors al Sud ha ammesso di avere pensieri suicidi. Il 10% in più dei sudcoreani. 

Sarebbe scorretto dire che le autorità sudcoreane stiano ignorando il problema. Ci sono diverse attività di consulenza mirate ad aiutare i defectors. Ma di certo, il governo del Sud potrebbe fare molto di più. 

Scappare dalla Corea del Nord e tuffarsi nel sensazionalismo

Nel tempo, le testimonianze dei defectors si sono rivelate essenziali per conoscere quello che accade oltre le mura del Nord. Ma muoversi tra le fonti non è semplice. A volte, le fughe dei defectors vengono esagerate dai giornali, per renderle più appetibili e ancora più sensazionali. Altre volte, sono le stesse testimonianze dei fuggitivi ad essersi rivelate false.

L’esempio più conosciuto è quello di Shin Dong-Hyuk, defectors e protagonista del best seller “Fuga dal campo 14”. Il racconto delle torture subite dal ragazzo in questo famoso campo di lavoro ha colpito gli animi di centinaia di persone. Ma a gennaio del 2014, la Corea del Nord ha pubblicato un video in cui il padre di Shin smentiva le testimonianze del figlio. Certo, la Corea del Nord non è una fonte molto attendibile per smentire le violazioni dei diritti umani che avvengono in Corea del Nord, ma è quello che è successo dopo ad aver fatto aprire delle riflessioni. Infatti, durante un interrogatorio è stato Shin stesso a smentire gran parte dei suoi racconti. Ma perché aveva mentito?

Interviste a pagamento

Da anni le interviste ai defectors sono accompagnate da un pagamento in contanti. All’inizio la cifra copriva solo i costi del trasporto ed era di circa 30 dollari, ma nel tempo si è alzata arrivando anche ad un massimo di 500 dollari all’ora nel 2015. Da tempo, ci si chiede in che modo il pagamento in contanti possa influire sui rapporti tra ricercatori e intervistati.

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