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Dopo quasi sette settimane di conflitto, il primo cessate il fuoco temporaneo tra Israele e Hamas è iniziato questa mattina alle 7 ora locale. Per la prima volta da giorni né droni né jet militari hanno sorvolato la Striscia di Gaza, dove la popolazione è uscita di casa senza il timore di essere colpita. Dopo 48 giorni di combattimenti senza sosta, la tregua mediata dal Qatar ha portato al primo sviluppo positivo anche nella crisi degli ostaggi israeliani, circa 240 persone tra cui donne, anziani e bambini, la cui cattura ha amplificato il profondo trauma inferto agli israeliani con l’attacco dello scorso 7 ottobre da parte di Hamas. Oggi infatti 13 ostaggi – un primo gruppo, come previsto dall’intesa – sono stati consegnati nelle mani della Croce Rossa internazionale e riportati alle loro famiglie in Israele. Gli ostaggi, le cui identità non sono state diffuse e di cui non si conosce lo stato di salute sono usciti dalla Striscia di Gaza attraverso il valico di Rafah, in territorio egiziano, e da qui riportati in Israele con elicotteri militari. L’attesa per il loro rilascio e per la sorte degli altri prigionieri ancora nelle mani delle milizie islamiste tiene da settimane l’intero paese con il fiato sospeso. Separatamente dall’accordo tra Israele e Hamas anche 12 cittadini tailandesi tenuti in ostaggio da Hamas a Gaza sono stati rilasciati oggi.

L’accordo tra Israele e Hamas è stato strutturato in modo tale che entrambe le parti debbano rispettare una sequenza di impegni: il cessate il fuoco, la consegna degli aiuti, la liberazione gli ostaggi e quella dei detenuti, hanno spiegato fonti vicine al negoziato. Questa sequenza dovrà essere ripetuta ogni giorno affinché il cessate il fuoco duri. Mentre i 13 ostaggi venivano consegnati da Hamas alla Croce Rossa, infatti, 39 prigionieri palestinesi, rilasciati dalla prigione di Ofer venivano liberati e riportati in Cisgiordania. I prigionieri sono stati scelti da una lista di 300 donne e giovani compilata da Israele, accusati di una serie di reati, dal lancio di pietre al tentato omicidio. La stragrande maggioranza di loro si trovava in detenzione amministrativa e non era stata sottoposta a processo. Le organizzazioni per i diritti umani affermano che il numero dei palestinesi trattenuti senza accusa nelle carceri israeliane è aumentato vertiginosamente dopo gli attacchi del 7 ottobre. Ieri l’esercito israeliano ha arrestato Mohammad Abu Salmiya, direttore dell’ospedale al-Shifa di Gaza, sostenendo che durante la sua direzione la struttura sarebbe stata usata da Hamas come “centro di comando”.

Come parte dell’intesa, Israele ha accettato anche di consentire l’ingresso degli aiuti di beni essenziali nella Striscia assediata. I circa 2,3 milioni di palestinesi che la abitano infatti sono ormai allo stremo e hanno bisogno di tutto: cibo, acqua, medicine e carburante, poiché Israele ha consentito che solo una piccolissima quantità di aiuti entrassero a Gaza dall’inizio dell’offensiva. Questa mattina, prima dell’inizio della tregua, le forze armate israeliane hanno lanciato migliaia di volantini nel sud della Striscia in cui avvisavano i civili di non approfittare della sospensione delle ostilità per cercare di ritornare alle proprie case nel nord della Striscia che – hanno sottolineato – rimane una “zona di guerra”. E secondo diverse agenzie di stampa almeno due palestinesi sono rimasti uccisi e una decina feriti, dopo essere stati colpiti da colpi d’artiglieria israeliana mentre cercavano di dirigersi verso il nord della Striscia. Senza contare – osserva l’Associated Press – che quasi due mesi di offensiva israeliana hanno trasformato l’area: “Interi quartieri sono stati cancellati. Case, scuole e ospedali sono stati colpiti da attacchi aerei e bruciati dal fuoco dei carri armati. Alcuni edifici sono ancora in piedi, ma la maggior parte sono gusci malconci. Un paesaggio lunare – scrive l’AP – che molti temono rimarrà inabitabile”.

La tregua, stabilita per una durata di quattro giorni, “non significa la fine della guerra” hanno ribadito le due parti in lotta. Ma sono in molti a sperare che la pausa determini le condizioni per una sospensione più duratura nelle violenze. In base all’accordo, tra oggi e lunedì sera, Hamas libererà almeno 50 degli oltre 240 ostaggi, per lo più israeliani, detenuti dal 7 ottobre. In cambio Israele rilascerà almeno 150 prigionieri palestinesi e consentirà l’ingresso di almeno 300 camion di aiuti umanitari. La tregua prevede possibilità di rinnovo e verrà aggiunto un giorno in più di cessate il fuoco ogni 10 ulteriori ostaggi rilasciati da Hamas. Il tutto per un massimo di 10 giorni. Sul ‘dopo’, infatti, il premier israeliano Benjamin Netanyahu è stato chiaro: lo stop ai combattimenti sarà temporaneo e non porrà fine alla campagna per distruggere Hamas. E oggi il ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha dichiarato che, una volta terminata la tregua, l’esercito riprenderà i combattimenti “con intensità” per almeno altri due mesi.

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