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L’incontro tra il presidente americano e il leader cinese non segna la fine della competizione tra superpotenze ma la volontà che la rivalità non sfoci in conflitto.

Il pianeta è grande abbastanza per consentire il successo di entrambi”: se le parole di Xi Jinping al termine dell’incontro con Joe Biden non segnano la fine della competizione tra Cina e Stati Uniti, indicano però che c’è voglia di ‘disgelo’ da entrambe le parti. A testimoniarlo è anche l’annuncio della ripresa delle comunicazioni militari e di diversi altri accordi in settori che negli ultimi tempi erano diventati fonte di tensione. Primo fra tutti l’adozione di misure per contrastare il contrabbando di fentanyl negli Stati Uniti, una piaga alla base dell’aumento di morti per overdose nel paese. Nel faccia a faccia di oltre quattro ore – a margine del vertice Apec in corso a San Francisco, i due leader hanno discusso anche della guerra in corso tra Israele e Hamas, con Biden che avrebbe chiesto alla controparte di usare la sua influenza sull’Iran per scongiurare un’escalation del conflitto. I due leader hanno inoltre concordato di lavorare insieme su temi di portata globale come Intelligenza artificiale e lotta al cambiamento climatico, confermando però che la vera linea rossa nelle relazioni bilaterali resta Taiwan, su cui in conferenza stampa Biden si è limitato a ribadire l’osservanza al principio “una sola Cina” mentre Xi ha dichiarato di non aver intenzione di riannettere l’isola con mezzi militari, chiarendo che la speranza di Pechino è quella di una “riunificazione pacifica”. Nel complesso l’incontro ha centrato l’obiettivo che si prospettava alla vigilia: ribadire la volontà che la competizione tra Usa e Cina non si trasformi in conflitto. “Abbiamo stabilito di istituire una linea di comunicazione diretta in cui ognuno di noi potrà alzare il telefono e chiamare l’altro immediatamente” ha detto Biden, sottolineando che il mondo si aspetta che entrambe le parti “gestiscano la concorrenza in maniera responsabile”.

Nell’incontro di San Francisco, Biden e Xi hanno raggiunto un accordo per reprimere la produzione e l’esportazione di Fentanyl, una droga 50 volte più potente dell’eroina considerata responsabile della maggior parte dei decessi per overdose degli americani tra i 18 e i 49 anni. Il medicinale, inizialmente approvato come antidolorifico e anestetico dall’agenzia federale antidroga statunitense, è ormai oggetto di un contrabbando che il governo di Washington non riesce a stroncare e che ha provocato una vera e propria emergenza sanitaria negli Stati Uniti. Bloomberg ha riferito che in base all’accordo la Cina si impegnerà a perseguire le aziende chimiche che esportano illegalmente il medicinale e i principi di base utilizzati per produrlo in America Latina da dove viene contrabbandato negli Stati Uniti. In cambio, non è ben chiaro cosa la Casa Bianca abbia promesso a Pechino se non impegnarsi ad eliminare le restrizioni alle società che risulteranno rispettose degli accordi. Secondo i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), il tasso di decessi legati al farmaco è più che triplicato dal 2016 al 2021 e lo scorso anno gli Stati Uniti hanno segnalato 110mila morti per overdose da droghe sintetiche, di cui oltre due terzi legati al Fentanyl. L’accordo costituisce un’importante vittoria per il presidente Biden che ha fatto della lotta all’epidemia di oppiacei sintetici una delle priorità della sua amministrazione, in vista della rielezione del 2024.

Xi è un ‘dittatore’?

Dopo aver definito “candida e costruttiva” la discussione avuta con il presidente cinese, Biden ha rischiato di inciampare su una risposta che ha attirato l’attenzione di gran parte della stampa internazionale. Alla domanda di un giornalista, “Definirebbe ancora Xi un dittatore, come ha fatto in passato?”, Biden ha detto “Beh in un certo senso lo è, nel senso che gestisce un paese comunista ed è basato su una forma di governo totalmente diversa dalla nostra”. Parole pesanti, che hanno rischiato di infrangere le seppur parziali aperture che ci sono state nel colloquio. Non si è fatta attendere la replica di Pechino che ha parlato di “manipolazione politica” e bollato quella di Biden come “una definizione estremamente sbagliata”. La Cina, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning, “si oppone fermamente a questo tipo di linguaggio”. Ben più calorosa è stata l’accoglienza riservata in serata al leader cinese dalla cena di gala con imprenditori, uomini d’affari e rappresentanti della Corporate America tra cui i numeri uno di Apple, Pfizer e Tesla. “Alla cena-evento, svoltasi nel salone delle cerimonie dell’Hyatt Regency – osserva il Financial Times – il presidente cinese ha consegnato un messaggio alle imprese statunitensi che ha suscitato una standing ovation: la Cina è un grande mercato e un amico”.

La distensione può durare?

Sebbene abbia contribuito a promuovere il dialogo e la cooperazione, l’incontro tra Biden e Xi è stato anche un’opportunità per entrambe le parti di evidenziare le proprie differenze. Saranno quelle più che gli accordi raggiunti, su cui il terreno rimane fragile, a definire la loro relazione negli anni venire. La questione di Taiwan, su tutte è stata definita da Xi – secondo quanto riportano le cronache – “la più grande” e quella “potenzialmente più pericolosa”. Ci saranno quindi altri periodi di tensione e di discorsi che, da una parte o dall’altra, punteranno il dito sulle responsabilità avversarie. Niente di nuovo ma l’importante è mantenere il dialogo per evitare che la situazione degeneri. Da questo punto di vista il principale risultato dell’incontro è stata la decisione di ripristinare le comunicazioni militari tra le due parti, interrotte in seguito alla visita di Nancy Pelosi a Taiwan nell’agosto 2022. “Forse – osserva l’Economist – la cosa migliore che si può dire dell’incontro è che abbia avuto luogo. Promette di ravvivare l’abitudine al dialogo in vista di un anno turbolento, con le elezioni presidenziali a Taiwan e in America. Ma se il colloquio sia riuscito dove il precedente aveva fallito, ossia nel mettere “un piano” sotto la rivalità tra Stati Uniti e Cina, lo vedremo solo con la prossima crisi”.

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