I genitori spostano i figli. Il dirigente scolastico: “Quei bambini sono nati in Italia”
L’inchiesta di Skuola.net: il numero di alunni con cittadinanza non italiana non dovrebbe superare il 30% in ciascuna classe. A parte un caso: se gli allievi hanno “adeguate competenze linguistiche”

SKUOLA.NET

Si può protestare perché in classe ci sono troppi alunni di origine non italiana? Al di là delle considerazioni etico-morali suscitate dalla contestazione mossa da un gruppo di genitori baresi per questo motivo, esistono precise indicazioni ministeriali in tal senso. Le quali prevedono che il numero di alunni con cittadinanza non italiana non dovrebbe superare il 30% degli iscritti in ciascuna classe e in ciascuna scuola. Ma, in presenza di alunni in possesso di “adeguate competenze linguistiche” – come nel caso degli studenti stranieri ma nati in Italia, le cosiddette “seconde generazioni” – il limite può essere sforato.

Ed è proprio su questo che emerge un’altra verità, quella sostanziale. Il dirigente scolastico dell’istituto barese ha ribattuto alla richiesta delle famiglie dicendo proprio che cinque degli alunni stranieri messi nel mirino “sono nati a Bari” e “non hanno neanche un gap linguistico». Quindi, tutto nella norma. Un abbaglio, quello di questi genitori, in cui però avrebbero potuto cadere tante altre famiglie, fermo restando che una scuola non può rifiutare l’iscrizione di un alunno straniero per ottemperare a questi limiti.

Come evidenzia un’analisi fatta dal portale Skuola.net, prendendo gli ultimi dati ufficiali del Ministero dell’Istruzione e del Merito – relativi all’anno scolastico 2020/2021 – le situazioni di (relativo) sovraffollamento di alunni di origine non italiana nelle nostre scuole sono, infatti, molto diffuse. A livello nazionale, il 6,8% delle classi – circa 1 su 15 – ha un quota di alunni stranieri superiore al 30%. Con un picco ulteriore dell’11,2% nella scuola primaria. Inoltre, va annotata la costante crescita di questo parametro: era al 5,3% poco più di cinque anni fa.

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Se però ci si concentra sugli alunni di origine migratoria, quindi non nati in Italia e teoricamente più indietro con la padronanza della nostra lingua, lo scenario cambia di netto. Visto che, contando solo questi studenti, le classi in cui sono oltre il 30% del totale risultano appena lo 0,5%. Tutte le altre sono autorizzate a disattendere l’indicazione del MIM. Lo stesso si può dire per le situazioni apparentemente più critiche: nelle classi elementari gli alunni realmente stranieri, nati fuori dai confini nazionali, sono solamente lo 0,3%.

A mettere sulla strada sbagliata i genitori di Bari, però, potrebbe essere intervenuta anche un’altra variabile: la scarsa abitudine a confrontarsi con una scuola multietnica. La Puglia, infatti, è tra le Regioni con la presenza più scarsa di studenti di origine non italiana: poco più di 19mila degli oltre 870mila totali censiti. Di conseguenza, anche le classi con oltre il 30% di alunni stranieri è pressoché inesistente: lo 0,3% includendo l’intera platea, lo 0,1% considerando solo le ragazze e i ragazzi nati all’estero.

Tutt’altra situazione rispetto, ad esempio, alla Lombardia, dove si supera la soglia del 30% nel 14,9% delle classi (alla primaria si arriva al 21,5%) o all’Emilia-Romagna, dove la quota limite è oltrepassata nel 14% delle classi (21,7% nelle primarie). Dato a doppia cifra anche in Liguria, con il 12,6% delle classi che ha una sovrarappresentazione di alunni stranieri.

Ma, anche in questi contesti più delicati, le situazioni di possibile squilibrio linguistico sono limitatissime: solo la Liguria supera l’1% di classi con troppi studenti che potrebbero avere difficoltà con la lingua italiana, in quanto nati all’estero. In Lombardia ed Emilia-Romagna si scende addirittura sotto quella quota: si parla rispettivamente, dello 0,9% e dello 0,7% delle classi.

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