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Donald Trump è il primo ex presidente degli Stati Uniti incriminato per accuse penali. Ma in fondo, per lui, potrebbe non essere così male.

Donald Trump è il primo ex presidente degli Stati Uniti incriminato per accuse penali. Ieri sera il gran giurì di New York ha annunciato di aver incriminato il tycoon, ma le accuse nei suoi confronti saranno rese note solo nei prossimi giorni. Secondo quanto riferisce oggi gran parte della stampa americana, l’ex presidente sarà incriminato per il pagamento di 130mila dollari, presi dai fondi per la sua campagna elettorale nel 2016, per comprare il silenzio di Stormy Daniels, un’attrice di film porno che con l’ex presidente aveva avuto una relazione una decina di anni prima. Trump ha appreso la notizia in Florida, nella sua residenza di Mar-a –Lago e l’ha definita una “persecuzione politica” nei suoi confronti e una “interferenza elettorale al più alto livello della storia”, considerato la sua candidatura alle primarie repubblicane. Secondo i suoi avvocati, l’ex presidente potrebbe presentarsi al tribunale di Manhattan martedì mattina: a quel punto sarà formalmente incriminato e gli saranno lette le accuse. Le autorità gli prenderanno le impronte digitali e gli faranno le foto segnaletiche, prima di rilasciarlo. Per quanto annunciata nei giorni scorsi dallo stesso presidente, l’incriminazione avrà profonde ripercussioni sulla corsa presidenziale del 2024 e tutti si chiedono se l’atto d’accusa nei suoi confronti costituirà un vantaggio – come lui spera – o un danno, in termini elettorali. L’ex presidente si trova al centro di altre indagini, ma qualsiasi atto d’accusa o eventuale condanna non gli impedirebbe di candidarsi.

Un caso scivoloso

Stormy Daniels afferma di aver avuto una relazione con Trump nel 2006, cosa che lui ha sempre negato. Nel 2016 l’attrice ha provato a vendere la storia del loro affaire ai media. L’avvocato di Trump, Michael Cohen, si è accordato con il suo legale e le ha versato 130mila dollari in cambio di un accordo di riservatezza. La cosa non è di per sé illegale, ma ciò che ha messo nei guai Trump è il modo in cui quel pagamento è stato registrato. Cohen – dichiaratosi colpevole nel 2018 – avrebbe infatti anticipato il pagamento di tasca propria, e poi la Trump Organization lo avrebbe rimborsato fingendo una consulenza legale. L’ex presidente sarebbe quindi accusato di frode aziendale e poiché la transazione è avvenuta durante la campagna per le presidenziali del 2016, potrebbe anche aver violato le leggi sulla trasparenza e i finanziamenti elettorali. Non tutti gli osservatori sono convinti che il caso sia solidissimo e c’è anche il timore che Trump – che nega ogni illecito – sfrutti un’eventuale assoluzione per screditare gli altri procedimenti giudiziari che lo vedono coinvolto e per accuse politicamente più rilevanti come il ruolo svolto nell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 e il tentativo di sovvertire i risultati delle elezioni in Georgia durante le presidenziali del 2020. Secondo la CNN, l’ex presidente dovrà rispondere di oltre 30 capi d’accusa, ma è improbabile che il processo vero e proprio possa tenersi prima di un anno, nel pieno svolgimento della corsa per le presidenziali.

Democrazia sottostress?

Dopo quattro anni alla Casa Bianca in cui l’ex presidente ha infranto ogni sorta di tabù, gettato scompiglio nelle relazioni con gli alleati, è ‘sopravvissuto’ a due impeachment, si è rifiutato di concedere la sconfitta e ha incitato la folla a un’insurrezione contro il Congresso, ancora una volta Donald Trump spinge gli Stati Uniti in un territorio inesplorato. Per la prima volta nella storia della democrazia americana, un ex presidente è incriminato per accuse penali e non fa mistero di voler trascinare l’intero paese alla sommossa per le sue vicende personali. Le analisi sono diverse, ma molti studiosi della Costituzione affermano che l’incriminazione dimostra la forza della democrazia americana più che la sua debolezza, perché prova che nemmeno un ex presidente è al di sopra della legge. Quanto all’appello con cui il tycoon aveva annunciato la scorsa settimana la sua imminente incriminazione, l’invito ai suoi sostenitori a manifestare per “riprenderci il paese” e l’accusa di una “persecuzione politica” da parte della giustizia nei sui confronti ha riportato in un attimo gli Stati Uniti in un clima di allarme democratico. Se è difficile prevedere come il procedimento nei suoi confronti influirà sulla campagna elettorale (anche se nei sondaggi degli ultimi giorni Trump ha guadagnato punti) è abbastanza chiaro che saranno questi i toni con cui intende correre per la nomination repubblicana e poi, ancora, per la Casa Bianca.

Scacco agli sfidanti?

L’incriminazione di Trump ha compattato il partito repubblicano dietro l’ex presidente: il senatore Lindsey Graham l’ha definito “voodoo legale” e ha chiesto agli elettori repubblicani di donare per la campagna di Trump. Analoga reazione anche dall’ex vice presidente degli Stati Uniti e probabile candidato alla nomination repubblicana Mike Pence, che ha definito l’incriminazione dell’ex presidente una “persecuzione politica”. Più tiepido il sostegno di Ron DeSantis, il governatore della Florida considerato da molti ‘l’anti-Trump’ che ha comunque annunciato che non concederà l’estradizione, necessaria nel caso in cui l’ex presidente non si rendesse spontaneamente al tribunale di New York. Ma la sua è una resistenza ‘di facciata’: il governator è ben cosciente che per nulla al mondo il tycoon si perderebbe l’occasione di sfilare sotto i riflettori mentre si consegna spontaneamente ai suoi accusatori, presentandosi nel ruolo di vittima in un sistema che lo perseguita. Per questo, dietro le dichiarazioni di sostegno, tutta una parte del GOP, pronta a lasciarsi Trump alle spalle, in realtà è preoccupata. L’incriminazione può rivelarsi per l’ex presidente un’occasione per mobilitare la sua base e spianargli la strada alla nomination repubblicana.

IL COMMENTO

di Mario Del Pero, ISPI e Sciences Po

“L’attesa incriminazione di Trump si abbatte come un ciclone sulla politica statunitense. Conferma l’inadeguatezza etica e politica dell’ex Presidente per una parte probabilmente maggioritaria dell’elettorato. Alimenta una narrazione vittimista e cospirativa straordinariamente mobilitante per la base trumpiana. Mette in difficoltà i repubblicani, costretti a fare quadrato attorno a una figura di cui si libererebbero molto volentieri. Viene usata da Trump e dai suoi sostenitori per delegittimare le altre indagini in corso su reati ben più gravi a partire dalla tentata eversione successiva al voto del 2020. E porta la democrazia statunitense, già in patente sofferenza, verso la terra sconosciuta dell’incriminazione di un ex Presidente e attuale candidato presidenziale”.

Da Ispi

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