Di Al. Tallarita

Direttore PCA e Presidente Cafisc e OS osservatorio sicurezza.

Articolo scritto nell’ambito dell’indagine dell’OS osservatorio sicurezza del Cafisc centro alta formazione investigativa strategia criminologia www.cafisc.it sulla violenza di genere

Alcuni modelli culturali influenzano le opinioni che le persone hanno nei confronti della violenza contro le donne e in particolare quelle relative ai ruoli di genere e ad alcuni stereotipi rispetto alle relazioni familiari.

Chi lo scrive è l’Istat, è il quadro che si palesa dalle indagini condotte dell’Istituto di statistica, dovrebbe darci da pensare. È vergognoso nel 2023, quanti stereotipi di genere ancora esistano.

Non è il femminismo estremo, né la sinistra a dirlo, per rassicurare tutti quelli che votano a destra e pensano che il patriarcato sia una bella manifestazione del conservatorismo di destra e della tradizione, sottolineando come devono rimanere vive nel tempo in tutte quelle tradizioni costruttive per la società e non distruttive per parti di essa, o per tutti quei leoni da tastiera, che in questi giorni stanno facendo delle loro frustrazioni misogine, una bandiera da manifestare in ogni post.

Ci riferisce in tal caso, citando l’Enciclopedia Treccani, quando si parla di patriarcato, in particolare all’estens.: Complesso di radicati, e sempre infondati, pregiudizi sociali e culturali che determinano manifestazioni e atteggiamenti di prevaricazione, spesso violenta, messi in atto dagli uomini, spec. verso le donne.(Treccani online).

E pensare che su Facebook, ci sono dei gruppi, il cui titolo richiama il fatto che: la violenza di genere non esista è sia un’invenzione della sinistra e delle femministe e la cosa ancora più aberrante, è che l’amministratore (almeno in un caso analizzato) sia una donna…

Un misto di sviamento, traviamento, deviazione, turpitudine, degenerazione, stravolgimento, errore, assurdità..

Siamo così intrisi, da questa becera mentalità arcaica, che concepisce la donna come un oggetto, sottoposta all’uomo, che passa come una ‘scatola’ dal padre al marito, che non ha indipendenza economica, che non ha un lavoro, che non ha un conto in banca. Una su tre donne in Italia non ha un conto in banca. Il che significa che comunque rimane soggetta prima al mantenimento del padre e poi al mantenimento dell’uomo, marito compagno, sotto il cui dominio passa.

Neppure si può nascondere il fatto che, inizialmente o anche nella continuità, molte donne di questo ne facciano scudo e molte decidano di non lavorare e di farsi mantenere. Ma questo è un aspetto che può andare ad inficiare il rapporto, nel momento in cui uno dei due non lascia l’altro per dipendenza economica. Ed è un problema questo, che tocca anche l’uomo, che nel momento in cui volesse divorziare, che si trova a perdere tutto, casa e altro, in particolare in regime di comunione dei beni, a dare il mantenimento.

Una donna deve poter avere la sua famiglia, se lo vuole, avere il medesimo rispetto se non la vuole e se non vuole figli, non è e non può essere assolutamente mai obbligata ad esserlo, in nessun momento, né per la società essere giudicata in quanto donna. O essere fatta oggetto di avances sessuali, se liberamente vuole stare sola. Se manca, pertanto, secondo questa mentalità arcaica che la oggettivizza, il padrone controllatore padre o compagno/marito. Ma deve poter avere anche la libertà economica, lavorativa, morale, affinché nel momento in cui, dovessero iniziare pratiche violente nei suoi confronti, da parte dell’uomo con cui convive, possa allontanarsi, mettendo al sicuro se stessa e i figli, se presenti, avendo la possibilità di mantenere se stessa e loro.

Sempre dall’Istat si rileva che:

Dai dati provvisori maggio-luglio 2023 emerge una minore tolleranza della violenza fisica nella coppia.

Per cui significa che prima e sempre nei nostri tempi, fosse tollerata la violenza all’interno della coppia..

Inoltre:

Il 10,2% degli intervistati, soprattutto giovani, dichiara però di accettare ancora il controllo dell’uomo sulla comunicazione (cellulare e social) della propria moglie/compagna.

E riferendosi alle indagini compiute nell’arco di tempo intercorso tra il 2018 e il 2023:

Sono soprattutto le donne ad avere meno stereotipi. Il 48,7% degli intervistati ha ancora almeno uno stereotipo sulla violenza sessuale. Il 39,3% degli uomini pensa che una donna possa sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole e quasi il 20% pensa che la violenza sia provocata dal modo di vestire delle donne.

Un quadro del genere, alla luce non solo dei tempi attuali, ma anche delle decine di centinaia di donne, che vengono stuprate, violentate, derise, malmenate, vessate, manipolate e uccise, che questi siano i dati attuali, di come stia la situazione della percezione sociale, sugli stereotipi di genere e della percezione in particolare maschile, nei confronti della violenza verso le donne è aberrante.


La metà della popolazione (51,1% per entrambi i sessi e le varie età, dai 18 ai 74 anni nel 2022) pensa che la violenza (fisica e/o sessuale) subita dalle donne da parte dei propri mariti/compagni sia un fenomeno abbastanza diffuso, mentre il 28,8% pensa che sia molto diffuso. Il 17,9% ritiene che si parla della violenza sulle donne perché è aumentata, le donne se ne vergognano di meno (31,4%), il lavoro dei media nel diffondere le notizie (23,2%) e la presenza di iniziative di sensibilizzazione e servizi a favore delle vittime (15,8%).

Tra le cause della violenza sono riportate la considerazione della donna come oggetto di proprietà (83,3%), il bisogno dell’uomo di sentirsi superiore alla moglie/compagna (75,9%), la difficoltà dell’uomo a gestire la rabbia (75,1%).

Gli stereotipi sui ruoli di genere più comuni sono:

gli uomini sono meno adatti delle donne a occuparsi delle faccende domestiche” (21,4%), “una donna per essere completa deve avere dei figli” (20,9%), “per l’uomo, più che per la donna, è molto importante avere successo nel lavoro” (20,4%), “è compito delle madri seguire i figli e occuparsi delle loro esigenze quotidiane” (20,2%), “è soprattutto l’uomo che deve provvedere alle necessità economiche della famiglia” (17,2%).

Minore in percentuale ma non per gravità:

“è l’uomo prendere le decisioni più importanti riguardanti la famiglia” (6,3%) e “una buona moglie/compagna deve assecondare le idee del proprio marito/compagno anche se non è d’accordo” (6,5%).

Rispetto al 2018, tutti gli stereotipi sui ruoli di genere rilevati sono diminuiti, scrive l’Istat.

È di certo, la situazione non è migliore, fra le persone più anziane, ovviamente provenienti da altri marcatori culturali, pesanti e di stampo arcaico e patriarcale. Ancor più, quelle meno istruite, che sottolineano la presenza di questi stereotipi di genere.

Parlare della violenza (31,4%) e condurre iniziative a favore delle donne vittime (15,8%) aiuta a far crescere la consapevolezza della gravità del fenomeno.

Periodo di riferimento dell’indagine è Maggio-Luglio 2023 e la data di Pubblicazione il 22 Novembre.

E già dal 2011 ha cominciato questo lavoro con Stereotipi, rinunce e discriminazioni di genere  aveva rilevato la diffusione di modelli stereotipati legati ai ruoli delle donne e degli uomini. Nel 2013 con un’ indagine dal titolo Uso del tempo in cui si chiede l’opinione pubblica sul ruolo della donna

Testo integrale e nota metodologica

Quadro informativo sul tema

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