Il cosiddetto Signal for Help è stato ideato dalla Canadian Women’s Foundation durante la pandemia e si tratta di un segnale convenzionale per chiedere aiuto se aggredite. Conoscerlo è fondamentale per poter aiutare chi è in difficoltà

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Gesto antiviolenza, conoscerlo per salvarsi

Il cosiddetto Signal for Help è stato ideato dalla Canadian Women’s Foundation durante la pandemia quando, a causa del lockdown, la situazione delle donne vittime di abusi in famiglia è nettamente peggiorata dovendo per forza rimanere a contatto con il loro aguzzino 24 ore su 24 senza possibilità di fuga. In quell’occasione è nata la necessità di un segno convenzionale per chiedere aiuto, da mostrare durante le videochiamate, unico contatto con il mondo consentito in quel periodo. Il gesto, valido a livello nazionale, stato realizzato per essere immediato ma, soprattutto, per non essere facilmente intercettato. È rapido e può essere confuso facilmente come un gesto di saluto. Dopo la sua ideazione, avvenuta nell’aprile del 2020, ben presto si è diffuso tramite la piattaforma di video social TikTok.

Il pollice che si avvicina al palmo e le altre quattro dita che si chiudono a pugno e poi si riaprono a intermittenza in una sorta di “ciao ciao”: è questo il segnale antiviolenza (Canadian Women’s Foundation)

Cosa fare davanti Signal for HelpConoscere questo gesto è molto importante perché riuscendo a capirlo si potrà aiutare chi ha bisogno e non sa come fare. Qualora succedesse di imbattersi in una donna, ma anche in un uomo, che fa questo gesto, ci sono diversi modi di reagire l’importante è non girarsi dall’altra parte. La prima cosa che si può fare è chiamare il 112 il Numero di emergenza unico europeo in modo tale che quella persona possa interfacciarsi con personale specializzato in grado di aiutarla. Così ha fatto la cameriera del fast-food di Milano in cui è entrata la ragazza con la scusa di usufruire della toilette ma, in realtà, ha chiesto aiuto con il “signal for help”, riconosciuto dalla chi stava sistemando il locale.

Gesto antiviolenza, quando chiamare l’1522

Un altro modo per chiedere aiuto è contattare l’1522, il numero gratuito e attivo 24 h su 24 promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità che accoglie con operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. Richieste che, negli ultimi due giorni, dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, sono raddoppiate passando dalle 200 telefonate quotidiane alle 400 con picchi tra 450 e 500 se si considerano anche quelle fatte con chat ed App. Oltre alle adolescenti, però, sono aumentate le richieste da parte dei genitori, in particolare dalle mamme, preoccupati per le figlie.

Non esistono risposte standard

A rispondere, in 11 lingue, ci sono operatrici specializzate, mediatrici culturali, avvocate, anche un’esperta di disabilità, perché la violenza colpisce tutte e in modo spietato le fasce più deboli. Le chiamate tutelano la privacy, avvengono in forma anonima e non sono registrate. Non si risponde con un protocollo fisso ma ogni donna viene consigliata per quella che è la sua situazione.

Un luogo d’ascolto dove essere comprese

L’1522 non è un numero solo per le emergenze, che pure ci capitano spesso, ma anche un luogo di ascolto dove l’obiettivo è far capire alla donna che chi l’ascolta le crede, ma soprattutto far emergere in loro la consapevolezza che quello che raccontano spesso non è solo una lite. Spesso la chiamata al 1522 è il primo passo con cui la donna chiede aiuto e proprio per questo il lavoro delle operatrici, nel tempo di una telefonata, è quello di instaurare un legame, supportare e spesso indirizzare verso i Centri antiviolenza vicini. Mai come in questo caso una telefonata può cambiare un destino.

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