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La notizia circola da ore anche se, al momento, non ci sono conferme: Israele e Hamas avrebbero raggiunto un accordo per un cessate il fuoco temporaneo, sembra, di cinque giorni in cambio del rilascio di alcune decine dei circa 240 ostaggi israeliani detenuti nella Striscia di Gaza. In una breve dichiarazione dal Qatar, il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ha detto che il movimento islamico palestinese ha “fornito la sua risposta ai fratelli del Qatar e ai mediatori”, e che “siamo vicini al raggiungimento di un accordo di tregua”. Le sue parole segnalano per la prima volta la volontà del gruppo – responsabile dell’attacco ai danni di Israele lo scorso 7 ottobre, costato la vita a oltre 1400 persone – di aderire a una ‘tregua’. Dal canto suo, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha commentato: “Stiamo facendo progressi. Non credo che valga la pena dirsi troppo, nemmeno in questo momento, ma spero che presto arrivino buone notizie” e ha convocato per stasera una riunione del gabinetto di guerra “alla luce degli sviluppi sugli ostaggi”. La maggior parte degli ostaggi in mano alle milizie palestinesi, prelevati dai kibbutz e dalle loro case il giorno dell’attacco, sono civili israeliani e tra loro ci sono donne, bambini e anziani. Solo pochi sono stati rilasciati o liberati dalle truppe di terra israeliane, mentre di altri – uccisi o morti nei bombardamenti – sono stati recuperati i corpi. La trattativa per alcuni di coloro che sono tuttora detenuti “non è mai stata così vicina all’obiettivo”, ha detto al Financial Times una persona vicina ai negoziati. Tra loro ci sarebbero civili israeliani e persone di altre nazionalità, ma non personale militare.

A Gaza si continua a combattere?

Mentre a Gaza si attende l’annuncio della tregua e in Israele quella del rilascio di alcuni ostaggi, da entrambe le parti con il fiato sospeso, nella Striscia proseguono i combattimenti: le truppe israeliane starebbero operando nei pressi dell’ospedale indonesiano, vicino al confine settentrionale, epicentro di un’esplosione in cui ieri sarebbero morte 12 persone. L’ospedale si trova ai margini del più grande campo profughi di Gaza, Jabalia, teatro di intensi bombardamenti israeliani negli ultimi giorni. Un funzionario del ministero della Sanità ha dichiarato che ci sono ancora circa 400 pazienti all’interno della struttura, oltre a duemila persone che vi cercano riparo. Le forze armate israeliane sono riuscite a penetrare rapidamente nella Striscia anche grazie ai continui bombardamenti aerei, che hanno protetto l’avanzata dei soldati, distruggendo – secondo immagini satellitari riportate dal Financial Times – più della metà degli edifici nel nord di Gaza. Intanto continuano gli scontri a fuoco anche lungo il fronte nord, al confine con il Libano, dove oggi un bombardamento israeliano ha causato la morte di quattro persone tra cui due giornalisti dell’emittente libanese Al Mayadeen.

Diplomazia cinese in marcia?

Sul fronte diplomatico è di queste ore la notizia che il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha accolto a Pechino gli omologhi di Arabia Saudita, Giordania, Egitto, Autorità nazionale palestinese e Indonesia, e il capo dell’Organizzazione per la cooperazione islamica. Durante l’incontro, Wang ha detto che “la comunità internazionale deve agire con urgenza” per arginare il conflitto e ha ribadito la richiesta della Cina per un cessate il fuoco immediato a Gaza. La settimana scorsa, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu – di cui la Cina detiene la presidenza di turno – ha approvato la sua prima risoluzione sul conflitto, in cui chiedeva ‘pause umanitarie’ il rilascio immediato di tutti gli ostaggi detenuti da Hamas e l’estensione dei corridoi umanitari in tutta l’enclave per proteggere i civili. Gli Stati Uniti e il Regno Unito si sono astenuti, citando come motivo la mancata condanna di Hamas . Il conflitto ha dato alla Cina l’opportunità di rafforzare i suoi legami già solidi con un certo numero di paesi del mondo arabo – una regione in cui secondo gli osservatori Pechino sta cercando di accrescere la propria influenza. Un obiettivo non ostacolato dagli Stati Uniti che, come ha affermato il portavoce del dipartimento di Stato Matt Miller “apprezzerebbero che la Cina svolgesse un ruolo costruttivo in Medio Oriente”.

Tempesta perfetta?A più di sei settimane dall’inizio del conflitto, la situazione umanitaria a Gaza è drammatica. “Senza carburante sufficiente, assisteremo al collasso dei servizi igienico-sanitari. Quindi abbiamo, oltre ai mortai e alle bombe, una tempesta perfetta per la diffusione di malattie” ha dichiarato il portavoce di Unicef James Elder, secondo cui a Gaza “c’è una disperata mancanza d’acqua, materiale fecale sparso in insediamenti densamente popolati, un’inaccettabile mancanza di bagni pubblici e severe difficoltà al lavaggio delle mani, all’igiene personale e alla pulizia”. In collegamento video dal Cairo, Elder ha messo in guardia la comunità internazionale dal fatto che con circa 800mila bambini sfollati dalle loro case “il potenziale di una più ampia perdita di vite umane è notevolmente aumentato”. Finora, secondo le autorità sanitarie a Gaza, i bombardamenti hanno ucciso più di 13mila persone, tra cui 5500 bambini. “Se l’accesso dei più piccoli all’acqua e ai servizi igienico-sanitari continua a essere limitato e insufficiente, assisteremo a un aumento tragico ma del tutto evitabile del numero di bambini che muoiono” ha affermato Elder, sottolineando che con l’arrivo delle piogge, in corso in questi giorni “i bambini affrontano una seria minaccia di epidemie di massa. Per i più deboli questo, ovviamente, sarebbe letale”

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