Novelli, molto grave il furto del DNA degli ebrei

Il genetista commenta all’AGI la notizia secondo la quale i dati genetici degli utenti di origine ebraica hashkenazita sono finiti nel dark web

AGI – “È molto grave quanto accaduto a 23andMe. Rappresenta una violenza sulla persona, perché espone le informazioni più care, più segrete dell’individuo, quelle del proprio DNA, che contengono dati socialmente e culturalmente rilevanti”

lo ha spiegato all’AGI il genetista Giuseppe Novelli a commento della notizia secondo la quale un gruppo hacker avrebbe bucato il database di una società che raccoglie dati genetici e avrebbe diffuso quelli degli utenti di origine ebraica hashkenazita nel dark web.”

In medicina – spiega Novelli – lo studio della variabilità interindividuale è da sempre una grande sfida: perché fenotipi differenti hanno manifestazioni differenti di una stessa malattia? Perché uno stesso farmaco produce effetti differenti tra i pazienti?

Il progresso tecnologico nell’ambito della genetica molecolare ha dimostrato che gli esseri umani sono geneticamente molto simili, ma profondamente diversi dal punto di vista fenotipico. Ogni aspetto, particolarità o funzione che caratterizza ciascun essere vivente è fortemente influenzato dalla sequenza del DNA, molecola che contiene tutte le informazioni genetiche ed epigenetiche (interagendo con altre molecole) dell’individuo”.

Con il completamento del Progetto Genoma Umano e soprattutto con il sequenziamento totale del genoma di alcuni individui è stato dimostrato che la maggior parte del materiale genetico umano (più del 99,5%) non varia tra gli individui; di conseguenza ogni individuo differisce da un altro solo per lo 0,5% del genoma, in cui risiede la variabilità umana.”

Oggi – prosegue lo scienziato – lo studio di questa variabilità viene utilizzata per avere informazioni sui propri antenati per una rivalutazione della sua identità etnica. Molti di questi test sono del tipo fai-da-te e vengono offerti da molte aziende private, come appunto la 23andMe. Quasi 30 milioni di persone hanno effettuato questi test, oggi, nel mondo.

Fra le motivazioni, la ricerca di informazioni sul proprio stato di salute: gli antenati possono influenzare la suscettibilità alle malattie. Ad esempio, è noto che le mutazioni della linea germinale BRCA1 e BRCA2 hanno un impatto sproporzionato sugli ebrei ashkenaziti, portando ad un aumento del rischio di cancro al seno, alle ovaie e alla prostata.

Conoscere il proprio background genetico, in particolare il fatto di avere origini ebraiche ashkenazite, può influenzare il processo decisionale sanitario con utilità clinica. Glie ebrei ashkenaziti e i canadesi francesi possono scegliere di impegnarsi nello screening dei portatori della malattia di Tay-Sachs durante la loro pianificazione familiare oppure conoscere una propria discendenza africana può stimolare la ricerca familiare per l’anemia falciforme.

Inoltre, per gli adottati, in particolare, la conoscenza dei propri antenati può informare le cure mediche consentendo una segnalazione più accurata durante la raccolta della storia familiare”.

“È importante notare – continua – che i test di ascendenza genetica hanno dei limiti. Possono fornire solo una visione parziale del patrimonio di un individuo e potrebbero non essere sempre in linea con la sua autoidentificazione o affiliazione culturale. Inoltre, l’utilizzo delle informazioni genetiche per definire l’identità etnica pone sfide e controversie, ed è essenziale affrontare queste discussioni con sensibilità e rispetto. Non esiste un “genoma puro” in base ad una particolare etnicità, l’appartenenza ad un gruppo piuttosto che ad un altro viene fatto attraverso la comparazione di similarità nel DNA presenti nel database di un computer. Ma una similarità genetica può determinarsi per vera ereditarietà oppure per casualità. Per questo è necessario conoscere la banca dati, e soprattutto come viene interpretato il dato genetico”.

Ecco perché è molto grave quanto accaduto a 23andMe. Rappresenta una violenza sulla persona, perché espone le informazioni più care, più segrete dell’individuo, quelle del proprio DNA, che contengono dati socialmente e culturalmente rilevanti”.

La storia genetica di un individuo – sottolinea Novelli – appartiene soltanto a lui: per questa ragione è opportuno che man mano che l’uso dei test genealogici e di ascendenza genetica diventerà sempre più disponibile e accessibile, sarà essenziale stabilire linee guida etiche e migliori pratiche per la raccolta e l’utilizzo dei risultati. Ciò richiederà il dialogo e la collaborazione tra ricercatori, genetisti, scienziati sociali e parti interessate della comunità per garantire che la raccolta e l’uso delle informazioni sugli antenati genetici avvengano in modo responsabile e rispettoso, limitandone la circolazione all’ambiente medico per migliorare la vita delle persone, tutelandole da utilizzi scorretti, strumentalizzazioni e pericoli di ogni sorta.

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