Di discorsi, fatti e finestre di Overton. Ecco il metodo giapponese
Fondazione Machiavelli, E.Mastrangelo
Se il buongiorno si vede dal mattino, ci sono buone possibilità che il Giappone vedrà quella svolta radicale sul fronte immigrazione che in Europa solo l’Ungheria di Orban e la Polonia (solo in parte) hanno finora avuto il coraggio di abbracciare.Come il cane scottato che ora teme pure l’acqua fredda, siamo restii a firmare assegni in bianco a qualsivoglia governo solo sulla base delle affermazioni pubbliche, anche considerando che per lo più le dichiarazioni pubbliche vengono fatte non per annunciare le reali politiche in agenda, ma per accontentare l’uditorio di riferimento o per lanciare messaggi più o meno criptici a destinatari ben precisi.Tuttavia c’è quel dettaglio che apre spiragli di speranza concreti. E che se darà vita a politiche realmente efficaci potrebbe essere un ottimo esempio per la nostra politica.
Il metodo giapponese
Com’è noto, il nuovo primo ministro giapponese Takaichi Sanae ha dovuto affrontare una crisi nella sua maggioranza parlamentare originaria. Il partito centrista Kōmeitō (legato ad ambienti della setta buddista Soka Gakkai) ha deciso di sfilarsi dalla maggioranza dopo 26 anni di alleanza in seguito alla nomina della Takaichi come primo ministro in pectore a inizio ottobre, ufficialmente in seguito a uno scandalo sulla gestione di fondi neri da parte del Partito Liberaldemocratico. In realtà, deluso dalla nomina della Takaichi in quanto candidato troppo nazionalista per gli standard del Kōmeitō.Nel tentativo di rifoggiare una nuova maggioranza, ancorché con numeri risicati, la Takaichi ha affrontato consultazioni con altre formazioni, fra cui il partito-rivelazione Sanseitō, che ha declinato l’appoggio alla maggioranza, e l’altro partito di destra in parlamento, il Nippon Ishin no Kai (NINK, Partito per la Restaurazione del Giappone) alias Partito dell’Innovazione del Giappone.
Incredibilmente per le cronache politiche a cui siamo stati abituati qui in occidente (e in Italia in particolare), i resoconti sui media degli incontri fra la Takaichi e il leader del Nippon Ishin, Yoshimura Hirofumi, hanno toccato argomenti che a tutta prima possono sembrare surreali tanto lontani dai temi caldi del momento: taglio dei parlamentari, realizzazione di un decentramento amministrativo dei ministeri da Tōkyō e infine una riforma del sistema di sicurezza sociale.
Tutti temi apparentemente buoni “per tutte le stagioni” e che il Nippon Ishin avrebbe potuto mettere sul piatto con qualsiasi candidato fosse uscito dall’assemblea del Partito Liberal Democratico, fosse anche quello più progressista-globalista (non a caso pare che pronubo dell’avvicinamento fra il partito e la Takaichi sia proprio uno dei rivali sconfitti dalla neo-premier, Koizumi Shinjirō figlio dell’ex primo ministro Koizumi Jun’ichirō e su posizioni più moderate rispetto alla Takaichi circa immigrazione ed economia).
Eppure a giudicare dalla rassegna stampa, queste tematiche del tutto a-ideologiche sono state poste da Yoshimura, come minimo indispensabile per costituire la maggioranza insieme al PLD della Takaichi. Contemporaneamente Yoshimura ha fatto sapere di essere in contatto con i capi degli altri partiti d’opposizione per valutare l’eventualità di una maggioranza alternativa a quella col PLD.
Nella Camera bassa, composta da 465 membri, la cui decisione sulla selezione del primo ministro ha la precedenza su quella della Camera dei consiglieri, il PLD detiene 196 seggi, il più grande Partito democratico costituzionale del Giappone all’opposizione ne ha 148, il Nippon Ishin 35 e il Kōmeitō 24.
In ogni caso, Yoshimura, che ricopre anche il ruolo di governatore di Ōsaka (e in quanto tale auspica la realizzazione di una “seconda capitale in caso d’emergenze nazionali”, ovviamente nella sua città), ha affermato durante i colloqui di essere d’accordo con la Takaichi per avviare colloqui politici sulla formazione di una coalizione: “Sono stato convinto dalla sua passione”, ha affermato, dopo aver detto che i due partiti dovranno “lavorare insieme per far avanzare il Giappone”.
Il 21 ottobre, ottenuto l’appoggio esterno del NINK, la Takaichi è stata eletta primo ministro. Dalle parole ai fatti?I tre temi di cui sopra erano in realtà un quarto di una lista di 12 sottoposta dal NINK al PLD. Ora scopriamo che fra questi punti c’era – tra l’altro – la riforma costituzionale, la possibilità di dotare le Forze di autodifesa navali (la Marina) perfino di sottomarini atomici, il mantenimento della Legge Salica per la successione imperiale e il respingimento delle istanze femministe sulla questione dei cognomi (un tema molto dibattuto, di recente, nel paese). In pratica, i punti cari alla destra del centro-destra del PLD.
Ciò che colpisce è che siano stati i primi tre a fare notizia sui media giapponesi, mentre degli altri si è parlato molto meno o per nulla. In particolare il nodo della “riforma costituzionale”, che verte attorno alla progressiva riaffermazione della sovranità giapponese in materia di difesa. Il Giappone, infatti, ha una costituzione imposta dagli Stati Uniti nel dopoguerra che teoricamente non consente al paese di effettuare alcuna azione militare, neppure se aggredito. L’accordo fra Nippon Ishin e PLD prevede un percorso per giungere alla soppressione del paragrafo 2 dell’articolo 9 della Costituzione, in cui il paese rinuncia la guerra come diritto sovrano e alla minaccia o l’uso della forza per risolvere controversie internazionali, così da consentire pienamente al Giappone di esercitare il diritto all’autodifesa collettiva.Acutamente, l’Asahi Shinbun, principale quotidiano giapponese, su posizioni molto liberal, nota come riduzione dei parlamentari, riforma della previdenza sociale e seconda capitale siano immediatamente passati in secondo piano appena il governo Takaichi ha ottenuto la fiducia.
Nel suo discorso inaugurale la Takaichi ha affermato che verranno intraprese politiche per prevenire l’abbandono delle aree interne rurali e per sostenere la demografia nazionale. Si parla anche di una “guerra segreta contro gli investitori stranieri”, suggerendo che esistano forze determinate a usare la leva del mercato per far entrare coloni in territorio giapponese e acquistare proprietà immobiliari e terreni in Giappone. Il contrasto alla crisi demografica inoltre passerà per politiche pro-natalità, non immigrazioniste.
Nel frattempo, fra gli alti lai della sinistra giapponese (e, possiamo immaginare, dei salotti internazionalisti alle sue spalle), la Takaichi ha messo insieme un gabinetto nel quale siederanno personaggi dichiaratamente reazionari, come Matsumoto Yohei, Kihara Minoru e Onoda Kimi.Matsumoto, Kihara e Onoda: tre politici da seguire con attenzioneIl primo, appuntato come ministro dell’Istruzione, è famoso per aver supportato un film revisionista circa il cosiddetto “massacro di Nanchino” del 1937, quando l’esercito imperiale giapponese mise al sacco la città cinese.
Durante il saccheggio furono certamente commesse atrocità, ma secondo la versione sostenuta dai revisionisti giapponesi il numero di vittime attribuite ai nipponici e molti dei racconti di massacri e torture sarebbero largamente frutto della propaganda anti-giapponese.Kihara, capo gabinetto del Primo Ministro, è invece dichiaratamente favorevole al ripristino del Rescritto Imperiale sull’Istruzione, il potentissimo e commovente testo impregnato di filosofia confuciana con il quale il 30 ottobre 1890 l’imperatore Meiji ordinava a tutti i sudditi di seguire la Via indicata dagli antenati imperiali: coltivare le virtù dell’obbedienza alle leggi, della benevolenza, dell’amicizia, dell’armonia familiare e della pietà filiale, del sacrificio per la Patria, dello studio e delle arti nell’interesse del Giappone e del divino trono imperiale.
Fino al 1948, anno della sua abolizione per ordine degli occupanti americani, il Rescritto Imperiale doveva essere imparato a memoria da tutti gli studenti giapponesi e veniva recitato durante le più importanti cerimonie pubbliche per ricordare ai sudditi i loro doveri verso il kokutai, la comunità nazionale giapponese.Onoda Kimi (una delle due sole donne ministro del governo Takaichi: altro che “quote rosa alla Svedese” come qualcuno aveva sognato…) è invece il sorprendente ministro della Sicurezza Economica, con delega all’immigrazione. Sorprendente perché si tratta di una hafu (da “half”, mezzo, in inglese), cioè una mezzosangue.
La Onoda è infatti nata negli USA nel 1982 da madre giapponese e padre irlandese-americano. Il padre abbandonò la famiglia quando la Onoda aveva appena un anno e la bambina tornò con la madre in Giappone, affrontando la difficoltà di ottenere la cittadinanza nipponica poiché la legge giapponese privilegia lo ius sanguinis patrilineare. Solo nel 2015 la Onoda ha ottenuto la piena cittadinanza giapponese rinunciando l’anno seguente a quella statunitense.Bufale o finestre di Overton?Il tema degli hafu in Giappone è stato molto sfruttato a favore del meticciato e dell’immigrazionismo, sollevando campagne mediatiche ben orchestrate per stigmatizzare la “xenofobia” del popolo giapponese e costringerlo ad “aprirsi” alla società multirazziale.
Anche la Onoda ha impiegato nel passato l’argomento del razzismo per rispondere a chi la attaccava politicamente per la questione della doppia cittadinanza. Tuttavia ora è proprio nelle sue mani che è stato affidato il dossier sull’immigrazione. E dalle premesse sembra che una mannaia in stile ICE trumpiano possa scendere sui due milioni di stranieri importati dal Giappone nell’ultimo decennio (sui quattro in totale).Non pour cause fra molti commentatori sui social si è addirittura diffusa la leggenda urbana della costituzione di un “ministero per le deportazioni degli stranieri”, cosa che almeno formalmente è destituita d’ogni fondamento.
Ciò che appare certo è che fra le deleghe assegnate alla Onoda c’è quella per “una società più armoniosa”, che nella spesso sgusciante lingua giapponese può significare tanto un’apertura alla società multirazziale (come probabilmente auspicava il precedente gabinetto Ishiba) quanto un “questo è il Giappone, a chi non sta bene, quella è la dogana, sayonara”. Che è con tutta probabilità la politica che la Onoda deciderà di seguire.Anche se quello della Onoda non sarà il “ministero delle deportazioni” sognato dalle destre di mezzo mondo, anche i commentatori di sinistra non hanno potuto non coglierne i contorni alquanto spiacevoli per i sostenitori dell’immigrazionismo, tant’è che il Japan Times ha battezzato il dicastero della Onoda “ministero dell’immigrazione”, in sostanza asseverando quantomeno le premesse da cui è partito l’entusiasmo della destra remigrazionista.
Si attende quindi una stretta che probabilmente verterà sulla concessione di visti per lavoratori non specializzati, sull’espulsione rapida e inappellabile degli stranieri che commettono atti criminali e dei clandestini, l’abolizione delle franchigie fiscali e tariffarie per gli stranieri – studenti o lavoratori – e nessuna concessione in termini di “accoglienza dei rifugiati”, che fortunatamente per l’arcipelago, rappresentano una risibile minoranza.
E intanto sui social si parla perfino di leggi per il ritiro della cittadinanza concessa ai naturalizzati, in quella che potrebbe essere l’apertura di una interessante finestra di Overton.Conclusioni. Funzionerà il metodo giapponese?Mentre la politica occidentale è abituata a parlare moltissimo, comportandosi da tigri in campagna elettorale e poi a tramutarsi in gattini bagnati una volta arrivati in carica, in Giappone sembrano aver assunto un approccio differente.
Come spesso capita, le “motivazioni ufficiali” dietro gli atti pubblici dei politici giapponesi sono nient’altro che facciate di cartapesta formali dietro le quali si muovono le reali motivazioni.La Takaichi ha inaugurato un nuovo gabinetto che sembra andare in direzione della salvaguardia dell’identità nazionale del Giappone, cercando di rispondere alle sfide dell’invecchiamento della società e della mancanza di manodopera con un atteggiamento meno arrendevole del precedente governo, che si era rassegnato a vedere entro 15 anni livelli di immigrazione comparabili a quelli dell’Italia di oggi.
Sul fronte internazionale, un primo inequivocabile segnale che la Takaichi vuole un cambio di passo è che snobberà la COP30 per partecipare ai lavori della Dieta: interessi giapponesi VS. retorica del “cambiamento climatico” 1 a 0.Le sirene dei suoi oppositori di dentro e di fuori battono sempre sullo stesso tasto: there is no alternative, perché il Giappone invecchia e l’economia ha bisogno di braccia. Ma questo complesso d’ottoni appare svociato e stanco. E forse anche nel paese del Sol Levante inizieranno seriamente a fregarsene di chi strilla che abbiamo bisogno di raccoglitori di pomodori a 2 euro l’ora altrimenti il paese potrebbe collassare.